Archeologia industriale e piano paesaggistico

E’ stata pubblicata nelle settimane scorse una interessante “Guida al patrimonio archeologico-industriale nel padovano”: un testo di Lino Scalco che, oltre a tratteggiare una documentata storia delle diverse fasi dello sviluppo industriale di Padova dalla metà dell’Ottocento sino agli anni Settanta del secolo scorso, contiene una quanto mai utile schedatura di tutti i principali stabilimenti ed insediamenti industriali della nostra provincia.  109 schede di catalogazione di luoghi e spazi di lavoro, suddivisi per aree tematiche, che in realtà raccontano la storia di oltre 350 imprese. Un’opera che – come scrive l’autore – si pone l’obiettivo di «sensibilizzare le amministrazioni locali, gli ordini professionali, le categorie economiche e i cittadini affinché venga evitato l’abbandono sconsiderato di questi siti, conservando ciò che veramente merita di essere salvaguardato».
La lettura di questo testo, ricco di preziosissime informazioni, non può che farci riflettere sul ritardo culturale che caratterizza la gestione del territorio e del patrimonio storico nella nostra Regione. Innumerevoli singoli edifici di alto valore testimoniale e di indubbio pregio architettonico sono stati demoliti o abbandonati al degrado. Interi insediamenti industriali sono stati completamente cancellati dal diluvio edificatorio degli ultimi decenni, senza lasciare traccia alcuna (a Padova tutta l’area compresa tra il Piovego e la ferrovia Padova-Venezia). Salvo casi rarissimi nessuna norma di salvaguardia è stata prevista negli strumenti della pianificazione urbanistica e territoriale.
Nel PTRC della Regione Veneto del 2009 si accenna all’importanza dei luoghi dell’archeologia industriale quali “sistemi culturali territoriali da tutelare”, ma poi nell’elenco dei beni architettonici del Novecento allegato al piano di detti luoghi ed edifici di fatto ci si dimentica quasi completamente (uniche eccezioni nella provincia di Padova lo stabilimento Itala Pilsen in zona industriale e la fabbrica Torrefazione Vescovi di via Vicenza). Un elenco che la Regione afferma essere provvisorio ed implementabile attraverso le segnalazioni di enti locali e cittadini… segnalazioni che, come associazioni culturali e ambientaliste, dobbiamo quanto prima trasmettere alla Regione avvalendoci proprio dell’ampia documentazione contenuta nelle schede predisposte da Lino Scalco.
Ma ancor più grave ci sembra il fatto che nell’Atlante degli ambiti paesaggistici costituente parte integrante del PTRC e nei documenti sin qui elaborati per il Piano Paesaggistico regionale (che avrebbe dovuto precedere e non seguire l’elaborazione del PTRC) di archeologia industriale di fatto non si faccia cenno. Eppure il valore ed il fascino dell’archeologia industriale, al di là della stessa qualità architettonica e tecnologica dei manufatti, risiede proprio nelle stretto legame un tempo esistente tra stabilimenti produttivi, ambiente e territorio. Oggi la localizzazione di una attività industriale è per molti aspetti svincolata dalle caratteristiche del territorio. Negli insediamenti del passato preponderante era invece quasi sempre la disponibilità e la relativa vicinanza di risorse materiali ed energetiche. Basti pensare, ad esempio, all’importanza dei corsi d’acqua e dei salti idraulici (il caso più emblematico è forse quello del rapporto esistente a Battaglia Terme tra la conca idraulica, le Officine Meccaniche Galileo e la Società Veneta di Macinazione), delle reti di trasporto fluviali e ferroviarie, delle attività agricole connesse (Zuccherifici di Pontelongo, Montagnana ed Este, Molini di macinazione, Filande, Pastifici, …). delle caratteristiche delle rocce e dei terreni (cave di argilla e calcare, fornaci, …). Filiere produttive e trame insediative che sono divenute elementi costitutivi del paesaggio storico, arrivando a configurare in alcuni casi (si pensi in particolare a Piazzola sul Brenta) originali modelli di organizzazione sociale e territoriale indissolubilmente connessi alla memoria storica ed alla identità dei luoghi.
La Convenzione Europea del Paesaggio sottolinea la centralità – nella costruzione dei piani paesaggistici – dell’aspetto percettivo da parte delle popolazioni residenti. Sono le aspirazioni degli abitanti che ne possono consentire la riqualificazione, la salvaguardia e la valorizzazione. Ma la costruzione di una visione condivisa e di un progetto partecipato di salvaguardia e trasformazione passano necessariamente attraverso la conoscenza della storia del bene da salvaguardare, attraverso l’individuazione dei suoi aspetti più significativi e caratteristici e delle connessioni esistenti tra aspetti fisici e processi sociali, economici ed ambientali. L’elaborazione di un piano paesaggistico è oggi necessariamente anche un processo sociale, un processo di sensibilizzazione ed approfondimento culturale che deve vedere la partecipazione diretta di cittadini ed associazioni: un processo a cui il saggio di Lino Scalco offre oggi un significativo contributo.
settembre 2011

Informazioni su Sergio Lironi

Architetto Presidente onorario Legambiente Padova

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