Auditorium e riqualificazione urbana

In più occasioni nel passato abbiamo valutato criticamente il progetto del nuovo Auditorium previsto in piazzale Boschetti. Per ragioni localizzative in primo luogo. Questo spazio (come quello limitrofo dell’ex Cledca) nei piani regolatori di Piccinato era infatti destinato a verde pubblico ed era stato immaginato come anello fondamentale del costituendo Parco delle Mura cinquecentesche e della rete ecologica urbana.
Ma anche nel merito della qualità architettonica dell’intervento il giudizio non poteva che essere negativo. Va infatti ricordato che la commissione esaminatrice decretò vincitore del concorso indetto dall’Amministrazione comunale non il progetto di Klaus Kada, bensì quello dell’architetto Alberto Cecchetto, decisamente di minor impatto ambientale. Solo per un cavillo formale, sollevato da Kada, il progetto di Cecchetto venne invalidato dal TAR Veneto: una sentenza discutibile, contro la quale il Comune – se ve ne fosse stata la volontà – avrebbe potuto ricorrere con buone probabilità di successo. L’Amministrazione preferì invece (per evitare un allungamento dei tempi?) aggiudicare l’incarico del progetto definitivo al secondo classificato, dimostrandosi con ciò del tutto indifferente nei confronti della qualità progettuale. Eppure non è difficile cogliere l’abissale diversità di approccio esistente tra i due progetti. Se l’aspetto caratterizzante lo studio di Cecchetto era costituito da un sostanziale rispetto dell’identità dei luoghi e dalla ricerca di una relazione dialettica con l’immagine e la morfologia della città antica, ciò che colpisce nel progetto di Kada è la violenta estraneità alla storia ed alla forma del contesto urbano. Un oggetto architettonico autoreferenziale, che non dialoga con lo spazio circostante (fiume, cinta bastionata cinquecentesca, cappella degli Scrovegni)  e che non ha la forza di rinnovarne l’immagine senza stravolgerne la natura.
Il nostro giudizio negativo sul progetto Kada non può che essere rafforzato dalla recente pubblicazione dello studio della Sinloc (Fondazione Cariparo), da cui risulta che per gestire l’Auditorium per 150-200 giorni l’anno saranno necessari 7 milioni di euro. Una cifra insostenibile per il bilancio comunale.
Che conclusioni trarne? Noi rimaniamo convinti che l’idea di realizzare una “Casa della musica” nella nostra città sia un’idea giusta. L’insostenibilità non solo ambientale ma anche economica del progetto attuale deriva principalmente dalla sua errata localizzazione, in un sito che è troppo prossimo al centro storico e che risulta di dimensioni troppo ristrette per consentirne futuri ampliamenti ed integrazioni con altre strutture e funzioni in grado di favorire sinergie, pieno utilizzo e riduzione dei costi di gestione.
Si sta discutendo in questi giorni della realizzazione di un nuovo Centro Congressi all’interno della Fiera. In realtà ciò che è in discussione è il futuro dell’Ente Fiera nel suo complesso, un ente che – anche a causa dell’oggettiva carenza di spazi ed attrezzature all’altezza dei tempi – soffre oggi della sempre più agguerrita concorrenza delle Fiere sorte in altre realtà del Triveneto (mortale sarebbe da questo punto di vista la realizzazione di Veneto City) e che quindi dovrà quanto prima ridefinire la propria missione.
Nel PAT di Padova, come a più voci richiesto negli incontri di Agenda 21, tutta l’area che gravita attorno alla Fiera e agli istituti universitari a nord del Piovego è stata indicata come potenziale nuovo Distretto per la cultura e la creatività digitale, caratterizzato non solo da idonei spazi espositivi e di spettacolo, ma anche da una presenza diffusa di laboratori, luoghi di produzione culturale, di sperimentazione ed innovazione scientifica e tecnologica nel campo in particolare delle arti visive, della musica, del design, dell’informatica e delle telematica. Un quartiere vivibile e vissuto nell’arco di tutta la giornata, in grado di attrarre i giovani e di offrire loro nuove opportunità d’incontro, di approfondimento culturale e di lavoro. Certo, come afferma il maestro Scimone, nelle condizioni attuali un Auditorium collocato “dietro la Fiera” rischierebbe di non godere di una adeguata visibilità. Ma se ci si pone nella prospettiva sopra indicata, la sua realizzazione, in stretta connessione con il previsto Centro Congressi, potrebbe invece realisticamente costituire un primo concreto passo per una radicale riqualificazione e rigenerazione di un quartiere strategico per tutto l’organismo urbano.
ottobre 2011

Informazioni su Sergio Lironi

Architetto Presidente onorario Legambiente Padova

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